La copertina di Led Zeppelin I è un vero emblema delle grandi immagini rivisitate: rielaborando un fotogramma del disastro dello Zeppelin LZ 129 Hindenburg avvenuto il 6 maggio 1937, il gruppo crea subito un simbolo forte e riconoscibile, famoso in tutto il mondo, che si lega indissolubilmente alla loro musica (il fuoco e le fiamme che animano il loro rock blues) e alla loro immagine.
su questa copertina non ci sono molte curiosità
tra i solchi vuoti del vinile dell'album Led Zeppelin III è scritta la frase in antico inglese: "Do what thou wilt so mote it be" che significa: "Fai ciò che vuoi così potrai essere" pronunciata dal famoso occultista Aleister Crowley
Da un punto di vista concettualela copertina di Led Zeppelin IV è considerata la più sofisticata copertina realizzata dal gruppo, che per spiegare l'idea del circolo naturale della vita (con il passato a rappresentare i giorni perduti e la visione di un presente distruttivo), impose delle immagini ben precise, prescindendo da qualsiasi riferimento personale e dalla propria storia recente (nome del gruppo, titolo dell'album, simboli forti come il dirigibile). Sul recto fu scelto di inquadrare il particolare di un muro consumato dal tempo con la carta da parati che cade a pezzi: in primo piano, una vecchia cornice con la fotografia di un contadino piegato sotto il peso di un grossa fascina di legname. Aprendo la copertina (sul verso), con un gioco di prospettive, lo sguardo dello spettatore coglie l'istantanea di un quartiere popolare metropolitano, mentre sul lato interno, un'illustrazione di Barrington Colby MOM ispirata a L'Eremita, una carta dei Tarocchi, chiude il cerchio metaforico. Sulla quarta di copertina, dove campeggiano i titoli dei brani, l'unica firma riconoscibile è costituita da quattro simboli misteriosi che rappresentano ognuno dei componenti del gruppo e che i quattro scelsero da un libro di rune.
La copertina dell'album Houses of the holy è considerata tra le più belle della storia del rock, ed è ispirata al romanzo Le guide del tramonto (Childhood's End, 1952) di Arthur Charles Clarke. Fu scelto lo studio Hipgnosis (celebre per le copertine dei Pink Floyd realizzate da Storm Thorgerson). Il grafico Aubrey Powell mise insieme un fotomontaggio surreale immortalando su pellicola due bambini tra le pietre del Selciato del gigante in Irlanda. Poi passò il tutto all'aerografo, moltiplicando il numero dei soggetti sulla copertina: 6 sul recto, 5 sul verso.
Immortalando un palazzo urbano ai numeri 96-98 di St. Mark's Street (East Village, New York) (fronte e retro) il gruppo creò un suo personalissimo condominio che offriva la possibilità, con un gioco di incastri dovuto alla fustellatura, di penetrare all'interno degli appartamenti e vedere le più svariate immagini: si va dai personaggi celebri, ai quadri famosi, a istantanee del gruppo ritratto in momenti di svago, alle lettere che individuano il titolo dell'album
La copertina dell'album Presence è caratterizzata dalla presenza di alcune persone che osservano un particolare oggetto scuro, una sorta di piccolo monolito nero (chiamato "The Object"). Secondo alcuni, è uno strumento esoterico (usato anche in psicanalisi) con cui si fa un'operazione tipicamente magica denominata "transfert negativo"; Jimmy Page ha dichiarato che The Object è un riferimento scherzoso al celebre monolito di 2001: Odissea nello spazio del regista Stanley Kubrick. Sostanzialmente, la presenza di questo oggetto vorrebbe rappresentare "il vigore e la presenza" del gruppo inglese. Come promozione pubblicitaria, la Swan Song Records produsse mille copie in plastica del monolito, che andarono letteralmente a ruba.
Le prime copie messe in circolazione di In Through The Out Door erano confezionate in una busta di carta giallognola, simile a un pacco postale, recante soltanto il titolo e il nome del gruppo stampati a mo' di timbro. All'interno della busta, la copertina vera e propria riportava una foto virata seppia su cui compare la scia di un pennello, o di una spugna, il cui passaggio ha scoperto l'immagine a colori sotto la patina in bianco e nero. L'immagine doveva dare l'ideadi una nuova "mano di colore" passata su qualcosa di più antico: un'allusione allo spirito di rinnovamento che avrebbe dovuto animare in qualche modo tutto l'album.
La foto ritrae sette persone all'interno di un bar e fu pubblicata in sei versioni differenti: ciascuna di esse inquadra la scena dal punto di vista di uno dei soggetti in essa presenti; la busta che ricopriva il tutto doveva rendere impossibile distinguere quale delle sei diverse copertine si stesse per acquistare. Il punto di vista del settimo personaggio, quello situato al centro della scena (l'uomo in completo bianco, seduto al bancone del bar, che sta bruciando una lettera) compare invece nelle due immagini riportate nella busta interna dell'album. Queste ultime due illustrazioni, sempre nella prima edizione, apparivano in bianco e nero ma si coloravano permanentemente al contatto con l'acqua, ad esempio bagnandole con una spugna. Le note di copertina non fanno alcun cenno a quest'ultima caratteristica che, nelle intenzioni di Thorgerson, avrebbe dovuto essere scoperta per caso, o addirittura accidentalmente, anche molto tempo dopo l'acquisto dell'album.